Invasion

A conclusione del percorso sulla fantascienza a cui ci siamo dedicati in questa prima parte dell’anno scolastico ci siamo trasformati in scrittori di science fiction ed ecco uno dei racconti realizzati in modo collaborativo dai nostri gruppi di lavoro.

Era un caldo giorno d’estate, Kevin Brown si era appena svegliato, aveva ancora la mente annebbiata dopo la sbornia della sera prima. Non si ricordava proprio nulla, si alzò di malavoglia e andò in cucina. Accese la televisione e fissò lo schermo. Al telegiornale dissero che c’era stata un’altra scomparsa; era la quinta quella settimana e la gente aveva sempre più paura.

Jessie Scott era già sveglia, anzi non aveva proprio dormito, aveva gli occhi arrossati dal pianto per colpa di Bratt Willis, quel bastardo. Sarebbero dovuti uscire insieme quella sera, ma lui le aveva detto che non poteva e poi lo aveva visto insieme a Kate.

Era passata una settimana e c’erano sempre più scomparsi, nessuno sapeva dove finivano, molti facevano ipotesi, ma nessuna sembrava ragionevole.

Jennifer era andata al bar, doveva bersi qualcosa di forte, molto forte. Era appena entrata quando vide una schiena bianca dirigersi verso il retro, la seguì pensando fosse il barista, ma appena uscita dalla porta vide qualcosa di terribile: era alto, grande e bianco. Sembrava un essere umano, ma solo alla fine si accorse della coda.

La ragazza corse via, non sapeva dove andare, si diresse verso casa e si chiuse dentro, era scioccata ed impaurita. Non ne parlò con nessuno, ma ci pensò spesso.

Pochi giorni dopo, il canale delle breaking news annunciò ciò che stava per accadere: gli alieni si stavano avvicinando alla Terra…

Boston fu evacuata, non c’era più tempo, gli alieni con le loro navicelle avevano già occupato altre città.

Molti scappavano nelle campagne o tentavano la fuga oltre oceano, quelli che rimanevano cercavano scampo in cantine o rifugi sotterranei.

Kevin aiutava i fuggitivi radunandoli e indirizzandoli nei diversi passaggi sotterranei, mentre Jennifer offriva riparo agli sfollati. Non era affatto facile sopravvivere ai continui attacchi degli alieni.

Jennifer, dopo avere messo in salvo tutti quelli che poteva nel rifugio sotto il suo grattacielo, decise di portare gli ultimi bambini nel bunker più sicuro del quartiere: le loro vite erano le più fragili e preziose.

Arrivati lì, prontamente Kevin, un ragazzo alto, muscoloso e con degli occhi verde smeraldo, le offrì il suo aiuto.

Il ragazzo rivelò a Jennifer di aver scoperto il motivo degli attacchi alieni: «Sono qui per cercare il loro capo che alcuni mesi fa era venuto sulla Terra e non ha più fatto ritorno al suo pianeta natale: Pink Planet, un pianeta distante circa 57 anni luce dalla Terra, all’incirca delle dimensioni di Giove, ma con una massa molto maggiore. In realtà è finora il più piccolo pianeta che sia mai stato direttamente ripreso con un telescopio».

Kevin aggiunse che, dopo aver fatto delle ricerche, aveva scoperto che quelle strane creature erano obbligate a stare sulle loro navicelle essendo per loro l’atmosfera terrestre un veleno mortale e la gravità insostenibile perché maggiore rispetto a quelle di Pink Planet.

Jennifer, dopo aver riflettuto, avanzò una proposta: l’azione risolutiva sarebbe stata disattivare la navicella ammiraglia, la sede del comando generale alieno sulla Terra.

I due pianificarono la missione per il giorno seguente.

Kevin si addormentò, mentre Jennifer rimase sveglia di guardia cercando informazioni su come raggiungere la base al centro della città.

Dopo alcune ore di lavoro, i suoi occhi si spostarono su Kevin, che riposava tranquillamente e si perse nel suo viso rilassato. Nel momento del cambio guardia i due si scambiarono diverse occhiate prima di ritornare al loro lavoro.

La mattina seguente era tutto pronto: avrebbero percorso il più stretto dei sotterranei. Per tutto il cammino regnò un silenzio serio ed imbarazzato.

Dopo lunghe e faticose ore penetrarono nel quartier generale e lo trovarono stranamente deserto.

Ma ad un tratto due di quelle strane creature, forse sentinelle, spuntarono dal portellone della navicella: gli alieni erano lentissimi e appena toccarono il suolo iniziarono a rinsecchirsi fino a diventare cenere.

Jennifer e Kevin, rassicurati, continuarono il loro viaggio fino alla sala generale. Anche qui tutto deserto, ma la plancia dei comandi era spaventosamente complessa: decine di monitor intermittenti fornivano migliaia di informazioni contemporaneamente.

Kevin, sfinito e con infantile stupidità, decise di premere un grosso e luminoso pulsante e solo la prontezza della ragazza riuscì ad evitare la catastrofe e ad interpretare i segnali sonori in modo da disattivare il sistema di sicurezza di tutte le navicelle già atterrate.

In pochi secondi tutti gli alieni si disintegrarono: l’umanità era salva!

Jennifer e Kevin si abbandonarono finalmente alle emozioni scambiandosi un bacio. Ma si erano dimenticati dell’unico alieno superstite portato nei laboratori per essere studiato…

[Lucia, Matteo, Cristian, Federico, Silvia IIIC]

Autore dell'articolo: Secondaria