Uno dei regali migliori che i genitori possono fare ai figli è educarli all’autodisciplina. Impresa ardua, ma percorribile e raggiungibile.
Molti genitori credono che la disciplina vada imposta,anche con le minacce: frasi come “se non obbedisci il lupo ti mangia” o “Se continui a comportarti in questo modo ti butto i giocattoli” sono all’ordine del giorno. E sono il vero dramma. Testimoniano in realtà la rabbia e la frustrazione, di noi genitori, che scaturiscono dal non essere immediatamente ascoltati dai nostri figli. Ma se li riversiamo direttamente sui nostri figli, non sortiscono in realtà effetti positivi e desiderati.
Molti credono che i bambini debbano essere educati con durezza: se infrangono una regola scatta la famigerata punizione, solitamente legata alla limitazione di attività piacevoli del bambino (guardare la televisione, giocare con il loro gioco preferito), o alla negazione di premi per attività svolte con successo in precedenza.
Ma siamo sicuri che deve essere proprio così?
Perché le minacce producono un effetto opposto a quello desiderato?
Le minacce aumentano agli occhi del minacciato il valore di ciò che viene “proibito”, rendendo la tentazione ancor più forte. Evidenziare le conseguenze negative dell’infrangere le regole ha un effetto boomerang: diventa una sfida che stimola la curiosità infantile, soprattutto nei bambini più caparbi e tendenti al conflitto di potere.
Come sviluppare l’autodisciplina nei bambini?
L’autodisciplina inizia a svilupparsi a partire dai tre anni di vita.
Di seguito suggerisco alcune strategie per aiutare i bambini a sviluppare l’autodisciplina.
Usare termini positivi
Ai bambini è sempre meglio parlare con termini diretti, attivi e positivi. Vanno evitate tutte le espressioni poste in termini negativi (“Non fare questo…., non fare quello…., non fare quest’altro….”), che incitano alla sfida. Per esempio è più produttivo dire al bambino “Vai piano” piuttosto che “Non correre”.
Oppure “Cerca di essere gentile ed educato” invece di “non fare dispetti”.
Chiedere loro il permesso
Un’altra chiave molto importante per dirigersi ai più piccoli è quella di chiedere loro il permesso. Per esempio: “Mi permetti di abbracciarti?” Un bambino è naturalmente generoso e tenderà ad acconsentire ad ogni richiesta che lo metta nella condizione di dare un consenso, di esprimere la sua importanza come persona.
Se un bambino invece, esprime naturalmente un dissenso (“non voglio abbracciarti”), è sempre bene rispettarlo, soprattutto quando si tratta di una richiesta di manifestazione d’affetto. E’ molto più utile che un bambino si connetta al suo reale bisogno interno e scelga di esprimere un’emozione o di non esprimerla, piuttosto che accondiscendere senza volerlo davvero ad un bisogno che in realtà è solo dell’adulto.
Fare in modo che tengano a mente l’obiettivo
L’obiettivo non è che il bambino segua rigorosamente una serie di regole imposte dai genitori, ma essere in grado di regolare il proprio comportamento, discernendo tra ciò che è buono e ciò che non lo è. Questo, ricordiamoci, viene trasmesso naturalmente dai genitori ai bambini, con l’esempio. Tante parole a cui seguono esempi di vita differenti, mettono i bambini in una condizione di ambiguità che li porta poi a legittimarsi comportamenti anche negativi. Esempio: un genitore che fuma è inutile che dica al figlio “non fumare, perché fa male!!!.
Pertanto, una regola non dovrebbe essere un semplice divieto, ma deve essere mostrata nella realtà, compresa e assimilata, in modo tale che il bambino capisca che cosa ci si aspetta da lui.
Esempio: mentre apparecchiamo la tavola:“Mi aiuteresti ad apparecchiare la tavola, per cortesia? Ne sarei tanto felice!”. Funziona molto meglio di: “Devi aiutarmi ad apparecchiare la tavola!”.
Mostrare le conseguenze
Il fatto che non si dovrebbe usare minacce non significa che i genitori non dovrebbero rendere esplicite le conseguenze. In realtà, i bambini hanno spesso difficoltà a capire la portata reale delle loro azioni, finchè non le hanno sperimenatte. Per questo è necessario che gli adulti mostrino loro le conseguenze.
In questo caso, cercate di essere il più chiari possibile. Per esempio, invece di dire “se picchi tuo fratello ti punisco” dite piuttosto “Fai attenzione al tuo fratellino, potresti fargli del male e lui potrebbe soffrire.”
Parlare con tono neutro
Quando a un comportamento non viene prestata attenzione questo finisce per scomparire. Allo stesso modo, quando il bambino riceve delle minacce e nota un certo grado di eccitazione nei genitori, la sua attenzione si sposta verso ciò che gli viene proibito. Pertanto, è consigliabile non accentuare emotivamente la proibizione, cercando di mantenere un tono fermo ma neutro, che non riveli nervosismo o aggressività. Questo , oibho’, è molto difficile…. Ma provare per credere!
E’ dall’esperienza diretta che si creano reazioni sane
Nulla di ciò che dicono i genitori si perde, ancor più nulla di ciò che fanno i genitori sotto gli occhi dei loro bimbi. Essi fiutano tutto, osservano e respirano tutto di noi: lo immagazzinano e riutilizzano in un secondo momento, associando le indicazioni ricevute all’esperienza diretta.
Che senso ha pretendere che un bambino ci ascolti semplicemente ripetendo una, due, tre volte lo stesso comando? E’ forse invece più efficace provare a scatenare in loro una reazione? La cosa migliore è fare in modo che le azioni che vengono chieste non richiedano uno sforzo mentale particolare, ma un confronto pratico con la realtà”.
Esempio: “E’ freddo, metti il cappotto altrimenti ti ammali!”. Frasi del genere non si rilevano quasi mai efficaci; in questo caso il bambino non ha alcun confronto immediato con la realtà per poter sperimentare che fa freddo e per poter elaborare il concetto “mi ammalo”. Meglio una frase del tipo “ok, non vuoi prendere e indossare il tuo cappotto adesso, ma quando usciamo, se avrai freddo, ricordati che potrai trovarlo nella tua cameretta“.
Cinque minuti senza cappotto, specialmente in certe serate d’inverno, possono scatenare un raffreddore. Ma il cammino verso lo sviluppo dell’autodisciplina e della crescita vale almeno qualche starnuto!
Chiara Tettamanti