In un società dove il rumore invade ogni luogo i bambini hanno poca familiarità con la quiete, con l’ascolto di se stessi e con l’espressione sensoriale del Sé senza verbalizzazione.
Tutti parlano, c’è sempre una voce, un rumore o una musica a riempire lo spazio e la vita del bambino. Poi, improvvisamente e senza nessuna preparazione, arriva il tempo della scuola, e la maestra che chiede di “fare silenzio”, inteso sia come ascolto, sia come riflessione e talvolta persino come ordine.
Sia in ambito familare che educativo, c’è bisogno di parole, ma allo stesso tempo anche di sacro silenzio. Il silenzio è un’attitudine benefica per il bambino e per gli adulti. E i cuccioli d’uomo vanno educati ad apprezzare il silenzio e i suoi risvolti positivi.
Che stimolare il bambino sia fonte di apprendimento e sviluppo e’ inequivocabilmente vero, ma si deve tener conto del fatto che anche il silenzio è una stimolazione: stando in silenzio i sensi dei bambini vengono stimolati favorendo la percezione sensoriale del mondo esterno, la conoscenza tattile del proprio corpo e la conoscenza emozionale del proprio Io.
I bambini vanno educati al silenzio sin dai primi giorni di vita.
Il silenzio, inteso come il luogo dell’ascolto di sé, rappresenta quello spazio entro cui il bambino ha un approccio intimo con se stesso. Concentrandosi sulle sue doti sensoriali il piccolo esplora il mondo circostante e il suo stesso corpo con vista, olfatto e udito. Provera’ quindi piacere non solo nella stimolazione e nella relazione verbale, ma anche in aree relazionali di silenzio.
I bambini possono essere coccolati in aree di silenzio riservate a momenti in cui la mamma e il papà entrano in un rapporto di alto contatto corporeo ed emotivo col piccolo. Si può stare in silenzio anche solo per pochi minuti massaggiando il bambino (il cosiddetto massaggio infantile) facendosi dolci coccole sul lettone o facendo il gioco del “guardami che io ti guardo” : si instaura un rapporto visivo trascorrendo qualche minuto a guardarsi negli occhi, ascoltando i propri respiri e il battito del cuore.
Con i bimbi più grandicelli il silenzio può essere vissuto ed esperito come un gioco: il gioco di mettersi col musino all’insu’ a guardare le stelle o le nuvole, il mare o il paesaggio, piuttosto che il gioco di ascoltare il battito del proprio cuore o quello della mamma. Ovviamente stando in ascolto di sé, senza proferir parola e racchiudendo nella mente pensieri ed emozioni da raccontarsi “più tardi”, nel momento della condivisone, tramite l’utilizzo della parola.
L’educazione al silenzio parte dal rispetto per il silenzio.
Un antico proverbio cinese dice del silenzio che esso è il suono dello spirito, che concorre allo sviluppo del bambino in tutte le sue tappe di crescita.
Pertanto il silenzio va trattato con riguardo:
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non si dovrebbe mai interrompere un bambino che sta parlando ammonendolo con frasi perentorie come “Fai silenzio!”: frasi simili fanno sì che il silenzio venga percepito come una castrazione
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non si dovrebbe mai imporlo come una punizione in seguito ad un cattivo comportamento, per esempio con affermazioni del tipo “Stai buono e resta in silenzio!”: sarebbe meglio dire “Rifletti sul tuo comportamento e quando avrai le idee chiare ne riparleremo”.
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non si dovrebbe usare la frase: “Stai un po’ in silenzio!”: non è imponendo il silenzio che si educa il bambino all’ascolto di sé e al positivo sfruttamento delle sue capacità sensoriali, ma invitandolo con amore a questa nuova modalità dell’ascolto di Sé.
Un bimbo educato al silenzio diviene capace di manifestarlo spontaneamente e anzi tenderà a ricercarlo come momento di riflessione e concentrazione trovando nella quiete anche uno spazio personale di equilibrio.
Il silenzio facilita anche l’ascolto: è più probabile che sappia ascoltare gli altri chi ha imparato, attraverso la quiete, ad ascoltare se stesso. E inteso in questo modo il silenzio favorisce anche una dimensione di scambio relazionale e sociale.
Chiara Tettamanti